Rede zur Eröffnung der Ausstellung "terra mare cielo" von Maren Heyne am 1.März 2008 im Palazzo Albrizzi in Venedig Cannaregio

Die erste Empfindung, die das Werk Maren Heynes im Auge des Betrachters auslöst, ist die Farbe, die aus einem körperlosen Licht geboren, das Bild in einer absoluten Wiedergabe zeigt. Man hat den Eindruck, sich in einer Landschaft zu befinden, die in einem Augenblick das Licht aller hellen Stunden jeglicher Jahreszeit enthält. Diese Empfindung verwandelt die efimere Architektur in eine noble,klassisch komponierte, zeitlose Struktur, aus der sich das Bild entwickelt und lebt. Nicht nur Spuren im Lehm, vom Hin und Her der arbeitenden Bauern gehärtet, oder die Eindrücke von Karrenrädern, sondern exakt vom Licht gezeichnete Schatten, das die Reihen der Bäume streift, die auf die günstigere Jahreszeit warten.
Eine Denkpause: Die Leere wird spürbar. Bänke zwischen den nackten Platanenstämmen unterstreichen die Erwartung.
Nähe und Ferne: Annäherung und Flucht der spielenden Wolken, die kindliche Träume in den Himmel weben. Weite, vom Horizont begrenzte Gewässer, die das Blau des Himmels spiegeln, Himmel und Meer, Bilder, die sich miteinander korrespondierend umkehren.
Die Anordnung in der Natur üdie Anordnung innerhalb der Äcker. Eine von Menschenhand geschaffene Struktur, auch in den Kohlfeldern, von einer fast körperlichen Sinnlichkeit, wo das zwischen den Blättern spielende Licht Farbschattierungen von dunkelblau bis bleifarben hervorruft.
Der Himmel öffnet sich zwischen unserer anfänglich physischen Empfindung und unserer vor der Fotografie entstandenen Reflektion. Das Licht und die Farbe des Lichts beherrschen und befreien uns.
Ich habe häufig auf den Begriff der Architektur hingewiesen, und das ist bei Maren Heyne nicht anders, die als Architektin begann. Sie selbst bejaht ihre Liebe zu der von der Natur oder dem Menschen strukturierte Landschaft. Sie ist von irdischen, marinen und himmlischen Strukturen fasziniert, vom Rhythmus der Anpflanzungen, dem Raster der Weinfelder, vom Wind und Sonnenlicht durchflutetem Wasser. Die Natur ist die Architektin, die mit Wellen bei Unwettern die felsigen Ufer formt. Maren kann sich nicht dem faszinierenden Spiel der Wolken im Firmament entziehen.
Aber abgesehen vom technischen Faktor,dem sich dieselbe Fotografin während des Besuches der Ausstellung nähert, um die Geheimnisse ihrer Kunst zu erläutern, finde ich interessant, diese Fotos als Denkpause in einer von zerstörendem Rhythmus betroffene Welt zu verstehen. In diesem Zeitalter der Globalisierung, die nur einer Minderheit zugute kommt, verlieren wir den Blick auf viele Werte, und die neuen Generationen entwickeln ein sich wieder behauptendes, kollektives Bewusstsein. Die heutige Krise, sei sie politisch oder wirtschaftlich, wächst, ohne eine Verbesserung menschlicher oder die Natur respektierende Auswahl zu treffen. Selten betrachten wir den gestirnten Himmel, auch wenn wir mit Sorge den Allarmruf der Wissenschaftler aus aller Welt hören, so herrschen doch Müdigkeit, Gleichgültigkeit und Fatalismus vor, besonders bei der Jugend, wir nehmen die Appelle und jeglichen Sinn für Verantwortung mit zunehmender Zurückhaltung auf.
Betrachten wir die Fotos von Maren Heyne und finden in ihnen einen Aufruf zum Leben.

Nevia Pizzul Capello
Präsidentin der ACIT Venedig

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Discorso per l'inaugurazione della mostra "Terra mare cielo" di Maren Heyne
Palazzo Albrizzi , Venezia 1 marzo 2008

La prima sensazione che l'opera di Maren Heyne risveglia all'occhio dell'osservatore - quella del colore che nasce da una luce astratta che decontestualizza l'immagine in una resa assoluta. Si ha l'impressione di trovarsi davanti ad un paesaggio che racchiude in un istante la luce di tutte le ore di luce, di tutte le stagioni.
E questa sensazione converte l'architettura effimera in una nobile struttura compositiva classica atemporale intorno alla quale l'immagine si sviluppa e vive.
Non tracce sul terreno argilloso, duro dei vignaioli nel loro andirivieni operoso; non solchi delle ruote delle carriole, ma ombre perfettamente allineate nella luce che lambisce i filari di viti in attesa della stagione propizia per rigenerarsi.
É questa una pausa pensosa: l'assenza si fa presenza, panche fra i tronchi spogli dei platani sottolineano l'attesa.
Vicinanza e lontananza; accostamento e fuga di nuvole nel loro gioco che ricama sull'azzurro sogni infantili. Distese lacustri e marine delimitate dalla linea dell'orizzonte che rende speculare l'azzurrità del cielo: cielo e mare, immagini capovolte in corrispondenza biunivoca.
L'ordine sta nella natura, nell'ordito dei campi. Un ordine che attesta l'operosa presenza dell'uomo, anche in quella distesa di cavoli di una sensualità quasi carnale, dove la luce giocando tra le foglie evoca sfumature dall'azzurino al plumbeo.
Il cielo si dischiude fra la nostra sensazione fisica iniziale e la nostra riflessione scaturita davanti alla fotografia. La luce e il colore della luce ci dominano e ci liberano.
Ho spesso fatto cenno al concetto di architettura e non può essere diversamente per Maren Heyne che muove i primi passi come architetto. É lei stessa ad affermare il suo amore per le aree rurali, strutturate dalla natura e dallíuomo. É affascinata dalla strutture terrestri, marine e celesti; dal ritmo delle piantagioni, dal reticolo dei vigneti, dall'aqua mossa dal vento e inondata dalla luce del sole.
La natura é architetto nel plasmare all'onda, alle intemperie le sponde rocciose del mare. Non può sottrarsi Maren al fascino gioco dei cirri nella tavolozza del cielo.
Ma al di là del fattore tecnico, a cui potrà durante la visita della mostra avvicinarci la stessa fotografa, svelandoci i segreti della sua arte, trovo interessanti queste foto quale pausa di riflessione in un mondo incalzato da un ritmo distruttivo. In quest'era della globalizzazione, tesa al raggiungimento di un benessere goduto in fondo solo da pochi, perdiamo di vista molti valori e le nuove generazioni si sviluppano riaffermando la coscienza collettiva.
La crisi odierna sia politica, sia economica sta aumentando senza cercare un miglioramento con scelte umanitarie e rispettose della natura. Raramente guardiamo un cielo stellato e anche se ascoltiamo con apprensione il grido d'allarme che ci raggiunge da più parti dal mondo scientifico, stanchezza, indifferenza, senso di fatalità - il tutto e subito nelle nuove generazioni - ci rendono sempre più refrattari ad ogni appello e ad ogni senso di responsalità.

Guardiamo le foto di Maren Heyne e ritroviamo in esse un richiamo alla vita.


Nevia Pizzul Capello
Presidente ACIT Venezia